Intanto che si perfezionano le manovre per dare uno sbocco alla crisi di governo con intrighi che neanche nei momenti più melmosi della storia d’Italia, vorrei ritornare sull’anacronistica dicotomia destra/sinistra. Dopo la breve stagione che poneva il populismo come nuovo protagonista della scena sociale e politica, sembra essere ritornati alla più rassicurante distinzione tra destra e sinistra, con annessi centri di supporto, in un ripescaggio di logiche e impostazioni più funzionali a intrighi elettorali che non alla definizione di prospettive di grandi trasformazioni.
Parlare di destra e di sinistra (lasciamo stare scenari non europei, come per esempio l’America latina), non ha davvero più nessun senso. Continuare con questa tiritera non fa altro che impedire la necessaria decantazione di forze capaci di intercettare le nuove istanze di radicale trasformazione sociale delle masse popolari sempre più impoverite. Con gli anni ’80 la dicotomia destra/sinistra svanisce la sua funzione: la sinistra smette di essere il riferimento delle classi lavoratrici (nel senso socialdemocratico: difesa del lavoro, salario, servizi, insomma dei diritti sociali); la destra smette di essere quel gran calderone nel quale troviamo sia aree di stato e parastato sia difensori strenui delle leggi del mercato.
Conseguenza della superata dicotomia destra/sinistra è la stucchevole dicotomia antifascismo/anticomunismo. Anche se, a onor del vero, l’anticomunismo sembra più il riflesso condizionato dell’antifascismo sempre ritornante. Ma tant’è.
È evidente che la cosiddetta sinistra non ha più nulla a che fare con quella storica: quella era attestata sulla difesa dei diritti sociali, questa invece sulla difesa dei diritti civili. E la geografia del voto spiega più di tanti discorsi come la “sinistra” abbia perso consensi proprio nei quartieri popolari: in queste realtà è avvertita come estranea. Qualche ingenuo pensa che la “sinistra” possa recuperare la sua vecchia natura “tornando nelle periferie”, come se il problema fosse di nuovi itinerari di escursionismo urbano, impedendosi così di capire che la sua sinistra oggi è pienamente organica agli interessi del grande capitale, con casa madre la commissione Ue. Grande capitale che, per sua stessa natura, deve essere aperto inclusivo trasgressivo anti-razzista immigrazionista genderista… naturalmente il tutto in salsa politicamente corretta.
E nell’area della sedicente destra, che al momento beneficia di consensi elettorali nelle aree sociali popolari, si preferisce tornare alle vecchie logiche di equilibrio tra le parti del proprio schieramento di riferimento in nome del governismo, abbandonando con ciò il populismo a frange minoritarie.
Nei periodi di transizione epocale, come il nostro, non si favorisce la decantazione delle nuove forze anti-sistema aggrappandosi ai simulacri del passato. Serve invece temprare al fuoco dello scontro con le forze egemoni della classe dominante le proprie armi ideali, politiche e organizzative. Per lanciarsi coraggiosamente oltre il baratro.